Estratto della regola primitiva

Qui inizia il prologo della regola del Tempio

  1. Ci rivolgiamo in primo luogo a quanti disprezzano profondamente la propria volontà e desiderano, con purezza di cuore, servire il re supremo come cavalieri e indossare, ora e per sempre, con premurosa sollecitudine, la nobilissima armatura dell’obbedienza. E perciò esortiamo voi che avete fin qui condotto la vita dei cavalieri secolari, che non ha la propria causa in Cristo e che avete abbracciato solo a vostro vantaggio, a seguire coloro che Dio, per grazia della sua compassione, ha tratto dalla massa dei dannati e, nella sua grande pietà, ha destinato alla difesa della Santa Chiesa, e vi chiediamo di unirvi a loro, subito e per sempre.
  2. Chiunque voglia essere cavaliere di Cristo, scegliendo i sacri ordini, dovrà, prima di ogni altra cosa, professare la propria fede, con pura abnegazione e ferma perseveranza, virtù tanto meritevole a santa, e celebrata per nobiltà, che se si conserva per sempre incontaminata, gli consentirà di entrare nella compagnia dei martiri i quali donano le loro anime a Gesù Cristo. In questo ordine religioso è sbocciata a nuova vita la dignità cavalleresca. Infetti i cavalieri avevano preso a sdegnare l’amore per la giustizia che dovrebbe ispirare la loro azione e non adempivano al proprio dovere che consiste nel difendere i poveri, le vedove, gli orfani e le chiese; invece erano dediti al saccheggio, al furto e all’assassinio. Ma Dio opera il bene attraverso di noi e attraverso il nostro salvatore Gesù Cristo e ha voluto inviare i suoi amici dalla Città Santa di Gerusalemme alle terre di Francia e Borgogna; sia benvenuto il loro sacrificio, poiché, per la nostra salvezza e la diffusione della vera fede, essi continuano a donare a Dio le loro anime.
  3. Voi che avete rinunciato alla vostra volontà, e voi che servite il re supremo con cavalli ed armi, per la salvezza delle vostre anime, per un periodo di tempo determinato, sforzatevi ovunque, con purezza di desideri, di ascoltare il mattutino e l’intero ufficio secondo la legge canonica e le usanze dei maestri regolari della Città Santa di Gerusalemme. Venerabili fratelli, Dio stesso è con voi che avete promesso di disprezzare le illusioni del mondo in nome del perpetuo amore divino, e non vi crucciate dei martiri del corpo: sostenuto dal cibo di Dio, dissetato ed istruito dai comandamenti del Signore, al termine dell’ufficio divino, nessuno tema di andare in battaglia, ma sia pronto a cingere la corona.
  4. Ma se un fratello è impegnato lontano per conto della casa cristiana d’Oriente – il che crediamo avvenga spesso – e non potrà ascoltare l’ufficio divino, reciterà tredici paternoster in luogo del mattutino, sette per ogni ora canonica e nove in luogo dei vespri. Ciò affermiamo unanimemente. Tuttavia laddove sia possibile, il fratello impegnato per tali necessità le cui circostanze impediscono di tornare in tempo per ascoltare l’ufficio divino, dovrà rispettare le ore canoniche per dare a Dio ciò che gli è dovuto.

Del modo di accogliere i fratelli

  1. Se un cavaliere, o qualunque altro uomo, desidera separarsi alla massa dei dannati, abbandonare la vita secolare e scegliere la vostra vita comunitaria, non accoglietelo immediatamente, poiché l’apostolo S. Paolo disse : Probate spiritus si ex Deo sunt. Ovvero «Mettete alla prova il loro spirito per vedere de esso proviene da Dio». Ma prima che gli sia concessa la compagnia dei fratelli, fate in modo che gli sia letta la regola, e se desidera obbedire sollecitamente ai precetti della regola, e se il maestro e i fratelli sono disposti ad accoglierlo, lasciate che manifesti il proprio desiderio dinanzi a tutti i fratelli riuniti nel capitolo e che esponga con purezza di cuore, la sua richiesta.
  2. Vi comandiamo di andare là dove sapete che sono radunati cavalieri scomunicati; e se qualcuno desidera entrare a far parte dell’Ordine del cavalieri d’Oltremare, voi non dovete considerare il guadagno materiale più importante della salvezza eterna della sua anima. Noi vi comandiamo di accoglierlo a condizione che si presenti dinanzi al vescovo di quella provincia e gli manifesti la sua intenzione. E, dopo averlo ascoltato e assolto, il vescovo lo invierà presso il maestro e i fratelli del Tempio, e se la sua vita è onesta e degna della loro compagnia, e se parrà cosa buona al maestro e ai fratelli sarà accolto con misericordia; e se nel frattempo egli dovesse morire a causa dei rimorsi e dei tormenti sofferti, gli vengano consessi tutti i benefici della fratellanza dovuti ai Poveri Cavalieri del Tempio.
  3. In nessun’altra circostanza sarà consentito ai fratelli del Tempio stare in compagnia, o prendere le cose di un uomo manifestamente scomunicato, poiché sarebbe terribile se venissero a loro volta scomunicati. Ma se egli è interdetto solo dagli uffici divini, si potrà stare in sua compagnia e acquisire i suoi beni a scopo di carità, con il permesso del suo commendatore.
  4. Sebbene la regola dei santi padri consenta di accogliere i bambini nella vita religiosa, noi vi consigliamo di non farlo. Poiché chiunque desideri donare per sempre il proprio figliolo all’Ordine dei cavalieri dovrà nutrirlo fino al giorno in cui sai in grado di prendere le armi con valore, e sradicare dalla terra i nemici di Gesù Cristo. Allora la madre e il padre lo condurranno alla casa e faranno conoscere la sua richiesta ai fratelli; ed è molto meglio che non prenda i voti da bambino, ma solo quando è più grande, ed è meglio se non se ne pente, che se lo fa. A partire da quel momento colui che ha chiesto di entrare nella confraternita, sia esaminato con equità dal maestro e dai cavalieri, in base al modo in cui ha condotto la sua esistenza.
  5. Abbiamo saputo da fonte sicura che ascolterete l’ufficio divino stando in piedi, a vostro piacimento, senza limitazione alcuna. Non vi comandiamo di mantenere tale condotta, anzi la disapproviamo. Ma ordiniamo che, per evitare lo scandalo, tanto i forti quanto i deboli cantino il salmo che inizia con Venite, l’invitatorio e l’inno, rimanendo seduti; e preghino quietamente, a voce bassa, in modo da non disturbare le preghiere dei fratelli.
  6. Ma alla fine dei salmi, quando si canta il Gloria Patri, per riverenza alla Santa Trinità, vi alzerete inchinandovi verso l’altare, mentre i deboli e gli infermi abbasseranno il capo. Questo vi comandiamo; in piedi ascolterete la spiegazione del Vangelo, e canterete il Te deum laudamus e le altre tre laudi, fino alla fine del mattutino. Noi stessi vi comandiamo dunque di restare in piedi in questi momenti del mattutino e in tutte le ore di Nostra Signora.
  7. Comandiamo che tutti i fratelli portino abiti dello stesso colore, bianco o nero bigello. Concediamo ai fratelli cavalieri di portare, se è possibile tanto d’estate quanto d’inverno manti bianchi; e a quanti non rientrano nel novero dei Cavalieri di Cristo non sarà consentito di indossare il mantello bianco, affinché coloro i quali hanno abbandonato la vita delle tenebre e si sono riconciliati con il loro creatore possano riconoscersi l’un l’altro per mezzo dell’abito bianco, che significa purezza e completa castità. La castità rende il cuore saldo e il corpo sano. Poiché il fratello che non farà voto di castità non potrà pervenire alla pace eterna, né vedere Dio, secondo la promessa dell’apostolo che disse: Pacem sectamini cum omnibus et castimonian sine qua nemo Deum videbit. Ovvero: «Sforzatevi di ricercare la pace con tutti e conservatevi casti, o non vedrete Dio».
  8. Ma tali vesti non dovranno avere abbellimento alcuno, né segni di vanità. Ordiniamo che nessuno vi aggiunga alcuna pelliccia, né alcuna altra pelle che non sia di lana di agnello o montone. Ciò valga per ognuno, in modo che ci si possa vestire e svestire, calzare e togliere gli stivali agevolmente. Il drappiere o chi ne fa le veci dovrà guadagnarsi con attenzione e sollecitudine il premio di Dio, nell’occuparsi delle cose anzidette, affinché gli occhi degli invidiosi e dei maligni non possano fare osservazioni su vesti troppo corte o troppo lunghe; ma dovrà distribuirle in modo che vadano bene a quanti devono indossarle, in base alla taglia di ognuno.
  9. E se qualche fratello, a causa di vanità o superbia, pretenderà un abito migliore o più aggraziato, gli sia dato uno peggiore. Coloro che riceveranno nuove vesti restituiranno immediatamente le vecchie, perché siano date in dono a scudieri e sergenti e soprattutto poveri, a seconda del giudizio di chi è preposto a tale incarico.
  10. Stabiliamo di comune accordo che ognuno riceva vesti e biancheria da letto a discrezione del maestro. Riteniamo che oltre al materasso siano sufficienti un cuscino e una coperta per ciascuno; in mancanza di uno di questi si potrà usare una stuoia o una coperta di tela, o tessuto felpato. Andranno sempre a dormire in camicia e brache, indossando scarpe e cinture, e il dormitorio dovrà essere illuminato fino al mattino. E il drappiere dovrà accertarsi che i fratelli siano stati rasati con tanta cura da poter essere esaminati sia di fronte che di dietro; la stessa attenzione dovrà essere dedicata a barbe e baffi, perché il oro corpo non dovrà mostrare segni di intemperanza.
  11. Nessun fratello indosserà scarpe appuntite né userà stringhe; neppure lo consentiamo a tutti coloro che prestano servizio nella casa per un periodo determinato; anzi proibiamo l’uso di stringhe e di scarpe appuntite in qualunque circostanza. Poiché è risaputo che tali cose abominevoli appartengono ai pagani. Né avranno capelli o abiti troppo lunghi. Poiché coloro i quali servono il supremo creatore devono di necessità essere mondi dentro e fuori, secondo la parola di Dio: Estete mundi quia ego mundus sum. Ovvero: «siate mondi perché io lo sono».
  12. Mangeranno insieme all’interno del palazzo, o per meglio dire nel refettorio. Se un fratello mancasse di qualcosa di necessario, non essendo ancora aduso ai segni adoperati dai fratelli, ne farà richiesta a bassa voce ai propri commensali, con umiltà e sottomissione. Infetti l’apostolo disse: Manduca panem tuum cum silentio. Ovvero: «mangia il tuo pane in silenzio». E il salmista: Posui ori meo custodiam. Ovvero: «ho sorvegliato la mia bocca». Vale a dire: «pensavo che la lingua potesse tradirmi», o anche: «ho trattenuto la lingua per non parlare male».
  13. Quando è possibile, durante il pranzo e la cena del convento siano lette le Sacre Scritture. Se amiamo Dio, le Sue sante parole e i suoi Santi comandamenti, dobbiamo essere spinti ad ascoltare con attenzione; prima di iniziare a leggere, il lettore vi inviterà a mantenere il silenzio.
  14. A causa della carenza delle scodelle, i fratelli mangeranno due a due, affinché ognuno si curi con sollecitudine dell’altro e non vi siano né furtiva astinenza né intrusione nel pasto comune. Ed è opportuno che ogni fratello riceva nella propria coppa la medesima quantità di vino.
  15. Vi basterà mangiare carne tre volte alla settimana, tranne che a Natale, Ognissanti, l’Assunzione e nella festa dei dodici apostoli. Infatti è noto che l’abitudine di mangiare la carne corrompe il corpo. Ma se, a causa di un digiuno, i fratelli devono rinunciare alla carne di martedì, il giorno seguente ne abbiano in abbondanza. La domenica, tutti i fratelli del Tempio, i cappellani e i chierici riceveranno due pasti a base di carne, in onore della santa resurrezione di Gesù Cristo. Gli altri, ovvero gli scudieri e i sergenti, saranno sazi di uno solo e ne saranno grati a Dio.
  16. Al termine di ogni pasto i fratello renderanno grazie a Dio, in silenzio, in chiesa se ce n’è una nei pressi della casa, altrimenti nella casa stessa. Con il cuore umile, renderanno grazie a Gesù Cristo, il Signore Magnifico. Il pane spezzato verrà dato ai poveri e le pagnotte intere conservate. Sebbene il dono dei poveri, che è il regno dei cieli, senza dubbio spetti ai poveri, e benché la fede cristiana affermi per certo che voi rientrate nel loro numero, ordiniamo che un decimo del pane venga dato al vostro elemosiniere.
  17. Quando muore la luce del giorno e calano le tenebre, prestate orecchio alla campana o al richiamo della preghiera, e, a seconda delle usanze del paese, e andate a compieta. Ma prima prendete la colazione; tuttavia questo pasto leggero avverrà a discrezione del maestro. Se egli ordina che sia distribuita acqua, o, misericordiosamente, vino diluito, distribuitene con giudizio. Poiché invero occorre prenderne con moderazione e senza eccedere. Come disse Salomone: Quia vinum facit apostatare sapientes. Ovvero: il vino turba i sapienti.
  18. Poiché sta scritto: In multiloquio non effugies paccetum. Ovvero il troppo parlare non è esente da colpe. E altrove: Mors e vita in manibus lingue. Ovvero: «vita e morte sono in potere della lingua». Siano rigorosamente bandite dalla conversazione parole scurrili ed empie risate. E se durante la conversazione verrà detto alcunché di disdicevole, quando vi sarete ritirati direte un paternoster in piena umiltà e devozione.
  19. I fratelli che sono stremati dal servizio per la casa possono levarsi dopo il mattutino, con l’accordo e l’autorizzazione del maestro o di chi è preposto a tale ufficio. Ma in luogo del mattutino diranno tredici paternoster, come stabilito in precedenza, e li diranno in modo che le parole escano loro dal cuore. Come disse Davide: Psallite sapienter. Ovvero «Cantate sapientemente». E altrove lo stesso Davide: In cospectu Angelorum psallam tibi. Ovvero «Canterò le tue lodi al cospetto degli angeli». Tutto ciò verrà compiuto sempre a discrezione del maestro e di che è preposto a tale compito.
  20. Nelle Sacre Scritture si legge: Dividebatur singulis prout cuique opus erat. Ovvero, sia dato a ognuno secondo i suoi bisogni. Perciò non diciamo che fra di voi vi sia chi godrà di privilegi, ma tutti avrete cura degli infermi; e il meno infermo non dovrà angustiarsi, ma rendere grazie a Dio; e il più sofferente non dovrà lasciarsi vincere dall’orgoglio a causa dell’altrui compassione, ma si farà più umile nella malattia. In tal modo tutti i fratelli vivranno in pacem E nessuno di voi eccederà nell’astinenza, ma vi atterrete saldamente alla vita comunitaria.
  21. Il maestro potrà concedere il cavallo, l’armatura e qualunque altra cosa di un fratello a chiunque lo desideri, e il fratello le cui cose sono state elargite non dovrà irritarsi o andare il collera: poiché, di certo, andando in collera andrebbe contro Dio.
  22. Saranno convocati per il consiglio quei fratelli noti al maestro per la loro assennatezza; poiché questo comandiamo, e non tutti dovranno essere prescelti. Se poi accade che si vogliano trattare questioni importanti, quali la cessione di terre della comunità, o occorra pronunciarsi su un qualunque affare riguardante la casa, o quando si tratta di accogliere un nuovo fratello, allora, se il maestro lo desidera, converrà riunire l’intera confraternita ed ascoltare l’opinione dell’intero capitolo; dopodiché il maestro farà ciò che ritiene più giusto e conveniente.
  23. Ogni fratello dovrà guardarsi attentamente all’incitare gli altri fratelli all’ira o all’indignazione, poiché per la suprema misericordia di Dio il forte e il debole sono uguali, in nome della carità.
  24. Onde adempiere ai sacri doveri e meritare la gloria della sovrana bontà divina e sfuggire alle terribili fiamme dell’inferno, tutti i fratelli che hanno preso i voti dovranno obbedienza senza indugio al maestro. Poiché niente è più cara Gesù dell’obbedienza. Infetti occorre eseguire l’ordine ricevuto dal maestro, o da chi ne fa le veci, senza por tempo di mezzo, come se l’ordine provenisse da Dio in persona. Poiché Gesù disse in verità, attraverso l a bocca di Davide: ob auditu auris obedivit mihi. Ovvero «appena ha sentito la mia voce mi ha obbedito».
  25. Presso tali luoghi i fratelli potranno recarsi a coppie, altrimenti non dovranno uscire né di giorno, né di notte; e se non alloggiati in una locanda né il fratello né lo scudiero né alcun sergente potranno recarsi nell’alloggiamento dell’altro e fargli visita o parlargli, senza permesso, come si è già detto più sopra. Noi stabiliamo di comune accordo che in quest’Ordine, il quale è retto da Dio, nessun fratello darà battaglia o se ne asterrà in base al proprio volere, ma solo attenendosi ai comandi del maestro, cui tutti dovranno sottomettersi secondo la parola di Gesù, il quale disse: Non veni facere voluntatem meam, sed eius qui misit me, patris. Ovvero: «non sono venuto per fare la mia volontà, ma quella del padre che mi ha mandato».
  26. Senza l’autorizzazione del maestro o di chi è preposto all’ufficio, non sarà consentito a nessun fratello il possesso di borse o bauli dotate di lucchetti; sono esenti dal divieto i maestri e i commendatori delle case e delle province. Senza l’autorizzazione del maestro o dei commendatori nessun fratello potrà ricevere lettere da parte di parenti o altre persone; ma, se il maestro o i commendatori ritengono giusto concederglielo, le lettere potranno essere lette.
  27. Soprattutto, non dobbiamo permettere che alcun fratello, per quanto potente possa essere, sia egli debole o vigoroso, rimanga impunito, e diventi così sempre più baldanzoso e si vanti delle proprie colpe. Piuttosto, se rifiuta di espiare una punizione ancora più dura. E sebbene le pie ragioni della misericordia inducano a pregare Dio per la sua anima, se egli non vuole fare ammenda, ma anzi si fa sempre più arrogante, venga sradicato dal gregge dei fedeli; infatti ecco la parola dell’apostolo: Auferte malum ex vobis. Ovvero: « allontanate il male da voi». È necessario che rimuoviate la pecora nera dal gregge dei fratelli fedeli.
  28. Inoltre il maestro che regge il bastone, con cui deve sostenere le forze e le debolezze altrui, e la verga, con cui deve castigare i vizi dei peccatori, dovrà farlo per amore dei giustizia e con l’approvazione del patriarca. Poiché il mio signore, San Massimo disse: «la clemenza non sia più grande della colpa; né una punizione troppo dura induca il peccatore a ritornare sulla via del male».
  29. Per monito divino, vi comandiamo di evitare una grave piaga: invidia, dicerie, livori e maldicenze. Ognuno si attenga con zelo alle parole dell’apostolo: Ne sis criminator et susurro in populo. Ovvero. «non vi siano accuse o malignità in mezzo al popolo di Dio». Piuttosto, quando un fratello sa per certo che un compagno ha peccato, lo riprenda in privato e con pietà fraterna, ma se quello non gli da retta, ne convochi un terzo, e se colui che ha peccato disdegna entrambi, allora lo si riprenda pubblicamente dinnanzi all’intero capitolo. Terribile è la cecità di chi denigra gli altri e grande è l’afflizione di quanti non esitano a nutrire invidia l’un con l’altro, poiché a causa di ciò saranno inghiottiti dall’antica empietà del diavolo.
  30. Quanti si inorgogliscono dei propri peccati dinanzi al severo giudice Gesù Cristo, non mancheranno di pronunciare parole futili, sebbene siano comunemente ritenute peccaminose; il che è confermato dalla parola di Davide: Obmutui et silui a bonis. Ovvero, che i buoni tacciano e si mantengano in silenzio. Allo stesso modo, chi voglia sfuggire al peccato dovrà guardarsi dal parlar male. Noi proibiamo nel modo più assoluto a qualunque fratello di raccontare a chiunque le prodezze compiute nella vita laica, che dovrebbero piuttosto essere definite follie commesse nelle azioni della vita cavalleresca, e i piaceri della carne goduti con donne prigioniere del demonio; se a qualcuno capita di sentir raccontare tali cose da un fratello, lo zittisca immediatamente; e se ciò non gli è possibile abbandoni subito quel luogo e non lasci in balia il suo cuore ai venditori di sozzure.
  31. Nessun fratello cavaliere avrà oro o argento sulle briglie, le staffe, o gli speroni. Ciò nel caso che intenda acquistarli; ma se accade che gli vengano donati, in segno di carità, vecchi finimenti dorati, in cui l’oro e l’argento siano stati grattati via e non possano essere ammirati per il loro splendore, né diventare causa di vanità, allora potrà tenerli. Ma se i finimenti dorati sono nuovi siano sottoposti all’approvazione del maestro.
  32. Invero il vostro dovere consiste nell’offrire le vostre anime per la salvezza dei vostri fratelli, come fece Gesù Cristo, e nel difendere la terra dei pagani miscredenti nemici del figlio della Vergine Maria. Tuttavia la suddetta proibizione a cacciare non riguarda affatto il leone, il quale è sempre in cerca di vittime da divorare, le sue zampe contro ogni uomo e le braccia di ogni uomo contro di lui.
  33. Sappiamo, per vero, che i persecutori e la gente che ama le dispute e cerca di tormentare con crudeltà i fedeli della Santa Chiesa e i loro amici, sono innumerevoli. Se nell’ambito di una contesa, in Oriente o in qualunque altra regione, una delle due parti in causa, conoscendovi per uomini leali e amanti della verità, vi chiede di pronunciarvi sulla questione, siete tenuti a farlo per esplicito ordine di questo concilio, purché anche l’altra parte acconsenta. Vi atterrete sempre e comunque a questa norma in ogni circostanza.
  34. Ispirati dalla pietà, ordiniamo che ai fratelli anziani e malfermi vengano riservati onore e reverenza, e siano trattati con riguardo a causa della loro debolezza; essi saranno ben provvisti per ordine della regola di tutto ciò che è necessario per il benessere fisico, in modo che non debbano mai trovarsi in difficoltà.
  35. I fratelli infermi saranno trattati con riguardo, curati ed accuditi secondo le parole del vangelo e di Gesù Cristo: Infirmus fui et vivitastis me. Ovvero: «Ero malato e mi avete visitato» non dimenticatelo. Poiché i fratelli colpiti dalla sventura dovranno essere trattati con pazienza e premura, e tale servizio compiuto con pronta sollecitudine vi farà guadagnare il regno del paradiso. Raccomandiamo pertanto che il fratello infermiere provveda con diligenza e accortezza,in base alle possibilità e ai mezzi della casa, a procurare quanto è necessario ai diversi fratelli malati, come carne di animali e uccelli e altri alimenti che giovano alla salute.
  36. Quando un fratello passa dalla vita alla morte, alla quale nessuno può sfuggire, direte una messa per la sua anima con purezza di cuore, e l’ufficio divino sarà celebrati dai sacerdoti che servono il Re supremo; e voi che siete al servizio della carità per un periodo determinato, presenti nella casa dove giace la salma, diranno, nei sette giorni seguenti, cento paternoster. E tutti i fratelli che sono alle dipendenze della casa dove è avvenuta la morte, quando ne saranno avvertiti diranno cento paternoster nel modo suddetto, per amore di Dio. Inoltre, vi esortiamo e comandiamo in virtù della nostra autorità pastorale di dare per quaranta giorni carne e vino a un povero in memoria del fratello defunto, come se egli fosse ancora vivo. Sono espressamente vietate tutte le altre offerte che solevano essere fatte, liberamente e senza discrezione, da parte dei poveri Cavalieri del Tempio per la morte di un fratello, in occasione della Pasqua e di altre festività.
  37. Inoltre, professerete la vostra fede con purezza di cuore, giorno e notte, in modo da poter essere paragonati, in questo, al più saggio dei profeti, il quale disse: Calicem salutaris accipiam. Ovvero: «Accoglierò il calice della salvezza». Che vuol dire: «con la mia morte vendicherò la morte di Gesù Cristo. Poiché come Gesù Cristo ha offerto il suo corpo per me, io sono pronto, allo stesso modo, a offrire la mia anima per i fratelli». È questa un’offerta meritoria; infatti il sacrificio della vita è molto apprezzato da Dio.
  38. Per volontà unanime del capitolo, noi decretiamo che sia decisa la condanna e l’espulsione di chiunque tenga abitualmente un contegno sconveniente nella casa di Dio e dei cavalieri del Tempio; comandiamo inoltre che il mantello bianco non venga assegnato a sergenti e scudieri, poiché tale usanza ha molto nuociuto alla casa; infatti nelle regioni poste al di là delle montagne vi era l’uso di accogliere falsi fratelli, uomini sposati e altri che dicevano di essere fratelli del Tempio e invece appartenevano al mondo. Ci arrecarono tanta vergogna e a tal punto nocquero all’Ordine che perfino i loro scudieri se ne vantavano; e ne nacquero numerosi scandali. Perciò non mancate di assegnare i loro mantelli neri; in mancanza di questi, date loro qualunque veste riusciate a reperire nella provincia; o quanto vi sia di meno costoso, ovvero un burello.
  39. La compagnia delle donne è pericolosa, poiché il demonio, da sempre loro compagno, ha potuto distogliere molti dalla retta via del paradiso. D’ora in avanti le donne non saranno più accolte nella casa del Tempio in qualità di sorelle; carissimi fratelli, d’ora in avanti converrà abbandonare tale usanza, in modo che il fiore della castità rimanga sempre fra voi.
  40. Stimiamo pericoloso per qualunque uomo di religione guardare troppo a lungo il volto femminile. Pertanto nessuno di voi osi baciare una donna, essa sia vedova o fanciulla, sia essa madre, sorella, zia o altro; e d’ora in avanti i Cavalieri di Gesù Cristo eviteranno ad ogni costo di baciare le donne, a causa delle quali sovente gli uomini si sono perduti, in modo da rimanere per sempre dinanzi al volto di Dio, con la coscienza pura e l’animo saldo.
  41. Tutti i comandamenti citati e scritti nella presente regola sono soggetti alla discrezione e al giudizio del maestro.

 

Qui hanno inizio gli statuti e le istituzioni gerarchiche della casa del Tempio

  1. Il maestro non deve avere le chiavi o il lucchetto del tesoro. Tuttavia può tenere all’interno del tesoro un forziere per custodirvi i propri gioielli; e quant’altro gli venga donato dovrà essere custodito nel tesoro.
  2. Ogni Giovedì Santo, il maestro laverà i piedi a tredici poveri, e donerà ad ognuno di loro camice e brache, due pagnotte, due denari e un paio di scarpe. E se nel luogo in cui si trova non può disporre di tali cose, le donerà, per amore di Dio, appena giunto nella prima casa del Tempio posta sul suo cammino.

In tempo di guerra, quando i fratelli sono sul campo di battaglia, il maestro può essere scortato da sei, otto o anche dieci fratelli

Tutti i fratelli del Tempio devono obbedire al maestro e il maestro deve obbedire alla casa.

  1. Le porzioni di carne dei fratelli del convento devono essere tali che con gli avanzi di due fratelli si possano nutrire due poveri. E dalle porzioni di due fratelli si devono poter ricavare tre porzioni dei turcopoli; e con due porzioni dei turcopoli si devono poter fare le porzioni di tre sergenti.

Le razioni devono essere uguali. Durante i digiuni i fratello avranno due misure di vino a testa; negli altri giorni cinque misure ogni due fratelli, e tre misure ogni due turcopoli; lo stesso per le razioni di olio. Ciò vale anche per le province di Tripoli e Antiochia.

  1. E se, Dio non voglia, accade che i cristiani siano sconfitti, nessuno deve abbandonare il campo di battaglia e tornare alla guarnigione finché rimane in piedi anche un solo vessillo bicolore; e chi lo fa venga espulso per sempre dalla casa. E quando è chiaro che non c’è più niente da fare, si raggiunga il più vicino gonfalone dell’Ospedale o un altro gonfalone cristiano, se ce ne sono; e se anche questi vengono abbattuti ci si diriga verso la propria guarnigione, là dove piaccia a Dio.

Punizioni

Queste sono le cose che possono causare l’espulsione di un fratello dalla casa del Tempio

Della simonia

  1. La prima cosa per cui un fratello del Tempio può essere espulso dalla casa è la simonia, poiché chi è accolto nella casa mediante simonia deve essere espulso a causa di essa; infatti egli sarà dannato. Commette simonia che fa doni o promesse a un fratello del Tempio o a un’altra persona al fine di essere accolto nell’Ordine del Tempio.

Di chi rivela i segreti del capitolo

  1. La seconda cosa è se un fratello rivela i segreti del capitolo a un fratello che non vi ha preso parte o a chiunque altro.

Di chi uccide o provoca la morte di un cristiano o di una cristiana

  1. La terza cosa è se uno uccide o provoca la morte di un cristiano o di una cristiana.

Del ladrocinio

  1. La quarta cosa è il ladrocinio, che può essere inteso in diversi modi.

Di chi lascia un castello o una fortezza senza passare dalla porta

  1. La quinta cosa è se uno lascia un castello o una fortezza per una via diversa dalla porta prescritta.

Della comunella

  1. La sesta è la comunella: infatti la comunella si ha fra due o più fratelli.

Di chi passa ai Saraceni

  1. La settima cosa è se uno abbandona la casa e passa ai Saraceni (sarà espulso dalla casa).

Dell’eresia

  1. L’ottava cosa è se uno pratica l’eresia o va contro la legge di Nostro Signore.

Di chi abbandona il gonfalone per paura dei Saraceni

  1. La nona cosa è se un fratello abbandona il gonfalone e fugge per paura dei Saraceni (sarà espulso dalla casa).

Queste sono le cose per cui un fratello del Tempio può essere privato dell’abito

Di chi disobbedisce ai comandamenti della casa

  1. La prima cosa è se un fratello disobbedisce ai comandamenti della casa e persevera nella propria follia e non intende eseguire gli ordini ricevuti; deve essere privato dell’abito e può essere messo in catene; ma se si pente prima che l’abito gli sia stato tolto e non ha causato danno alla casa, sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Poiché quando un fratello riceve l’ordine di servire la casa, deve rispondere: «In nome di Dio». E se risponde: «Non lo farò», il commendatore deve convocare senz’altro il capitolo, invitando gli anziani del convento a privarlo dell’abito, poiché ha rifiutato di eseguire un ordine; infatti il primo voto che facciamo è il voto di obbedienza.

Di un fratello che colpisce un altro fratello

  1. La seconda cosa è se un fratello, preso da ira o furore, alza le mani su un altro fratello; venga privato dell’abito. E se ha colpito con durezza, può essere messo in catene. E non potrà portare il gonfalone bicolore, né il sigillo d’argento, né partecipare all’elezione del maestro; secondo la procedura già adottata numerose volte. E prima che la sua colpa venga giudicata, dovrà farsi assolvere, poiché è incorso nella scomunica; e se non è assolto non può mangiare con i fratelli né recarsi in chiesa. E se colpisce un religioso o un chierico deve farsi assolvere prima che venga esaminata la sua colpa.

Di un fratello che colpisce un cristiano o una cristiana

  1. La terza cosa è se un fratello colpisce un cristiano o una cristiana con un oggetto aguzzo, una pietra, un bastone o con qualunque altra cosa capace di ferire o uccidere con un solo colpo; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.

Di un fratello che ha commercio con una donna

  1. La quarta cosa è se un fratello ha commercio con una donna, poiché giudichiamo colpevole il fratello che entri in un luogo di malaffare o in un postribolo, con una peccatrice, da solo o in cattiva compagnia; venga privato dell’abito e messo in catene. E non potrà portare il gonfalone bicolore, né il sigillo d’argento, né potrà partecipare all’elezione del maestro; secondo la procedura già adottata numerose volte.

Di un fratello che accusi ingiustamente un altro fratello di una colpa che conduca all’espulsione dalla casa

  1. La quinta cosa è se un fratello accusa un altro fratello di aver fatto qualcosa che implichi l’espulsione dalla casa; se il fratello che lo accusa non è in grado di provarne la colpevolezza, non può mantenere l’abito, poiché lo ha costretto a implorare pietà dinanzi al capitolo; e se smentisce davanti al capitolo, sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito; e anche se non lo fa comparire dinanzi al capitolo, non potrà avere indietro l’abito, qualunque cosa dica, a meno che non smentisca e desista dall’errore.

Di un fratello che incolpi se stesso

  1. La stessa cosa è se un fratello si autoaccusa ingiustamente per ottenere il permesso di lasciare la casa; venga privato dell’abito.

Di un fratello che chiede il congedo

  1. La settima cosa è se un fratello chiede al capitolo di essere congedato per cercare la salvezza della propria anima al servizio di un altro ordine religioso; se il capitolo glielo nega ed egli afferma di voler lo stesso lasciare la casa, starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.

Di un fratello che afferma di voler passare ai Saraceni

  1. L’ottava cosa è se un fratello afferma di voler passare ai Saraceni, anche se lo fa in un momento di ira o di furore; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito.

Di un fratello che abbassa il gonfalone durante la battaglia

  1. La nona cosa è se, in battaglia, un fratello del Tempio che regge il gonfalone lo abbassa per colpire, pur non arrecando danno ai compagni; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. E se lo usa per combattere e con ciò arreca danno ai compagni, deve essere privato dell’abito, e si può stabilire di metterlo in catene; egli non porterà mai più il gonfalone e non ricoprirà mai più il ruolo di comandante in battaglia.

Di un fratello che regge il gonfalone e va alla carica senza permesso

  1. La decima cosa è se un fratello che regge il gonfalone va alla carica senza permesso dei superiori, a meno che non sia in difficoltà o comunque non in grado di chiedere tale permesso, come stabilito dagli statuti; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. E se il suo gesto arreca grave danno, potrà essere messo in catene, egli non porterà mai più il gonfalone, né ricoprirà mai più il ruolo di comandante in battaglia.

Di un fratello che carica senza permesso

  1. L’undicesima cosa è se, in battaglia, un fratello va alla carica senza permesso, e la sua azione arreca danno; starà ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito. Ma se vede un cristiano in pericolo di morte, e sente in cuor suo di poterlo aiutare, come stabilito dagli statuti, può farlo. Ma in nessun’altra circostanza un fratello del Tempio deve caricare senza permesso.

Di un fratello che nega il cibo del Tempio ad un altro

  1. La dodicesima cosa è se un fratello nega il pane e l’acqua della casa ad un fratello, che viene o che va, e non lo lascia mangiare con gli altri fratelli; venga privato dell’abito, perché quando un uomo è accolto tra i fratelli, ha diritto al pane e all’acqua della casa, e nessuno può negarglieli, qualunque cosa egli faccia, salvo quanto è stabilito dalla casa. Lo stesso vale per chiunque rifiuti di aprire la porta ad un fratello, impedendogli di entrare.

Di un fratello che concede l’abito a un uomo che non ne ha diritto

  1. La tredicesima cosa è se un fratello concede l’abito della casa a un uomo che non ne ha diritto, o a qualcuno al quale non è autorizzato a concederlo, o senza il consenso del capitolo; venga privato dell’abito. E chi ha l’autorità di concederlo, non può toglierlo senza il consenso del capitolo: se lo fa venga privato dell’abito.

Di un fratello che accetta qualcosa da un altro per aiutarlo a diventare fratello

  1. La quattordicesima cosa è se un fratello accatta qualcosa da un laico, promettendo in cambio di aiutarlo a diventare un fratello del Tempio; venga privato dell’abito, perché commette simonia.

Di un fratello che procura intenzionalmente una perdita alla casa

  1. La ventottesima cosa è se un fratello, intenzionalmente o per negligenza, procura alla casa una perdita di quattro o più denari; sta ai fratelli decidere se privarlo o meno dell’abito: poiché nessuna perdita ci è consentita. E se la perdita è ingente si può decidere di metterlo in catene.

La vita conventuale

Regole della vita quotidiana dei fratelli

  1. Ogni fratello del Tempio deve sapere che il primo dei suoi vincoli è servire Dio, e ciascuno vi si deve dedicare con tutto l’intelletto e la partecipazione, soprattutto nell’ascoltare le sacre funzioni; infatti nessuno deve sottrarvisi fintantoché si trova alle dipendenze della casa. Poiché come dice la nostra regola, se amiamo Dio, ascolteremo ben volentieri se Sue sante parole.
  2. Se un fratello ascolta le funzioni, può astenersi dal dire le orazioni; ma è preferibile e più salutare che le reciti. E sia noto a tutti che i fratelli che partecipano alla funzione in chiesa devono inginocchiarsi, alzarsi e sedersi insieme, secondo le regole dell’ufficio divino; e quanti non sono in grado di farlo a causa dalla loro infermità, devono porsi da parte, alle spalle degli altri fratelli.
  3. Ciascun fratello deve prendersi cura con zelo del proprio equipaggiamento e dei propri cavalli. Nessuno deve far correre un cavallo che non sia riposato, né galoppare senza permesso, in particolare con uno di quelli che non usa abitualmente; se non cavalca per servizio, gli sia sufficiente andare al passo o all’ambio. Nessun fratello deve lanciare il proprio cavallo per un’intera corsa senza permesso. Se non porta la balestra e desidera lanciarlo al galoppo, può farlo per una, due o tre corse, anche senza permesso. Nessun fratello deve, senza permesso, far correre il proprio cavallo per mezza corsa portando un’altra persona, neppure se ha fretta. Nessun fratello deve far correre il proprio cavallo per un’intera corsa né portare armi senza permesso, quando non ha gli stivali, ma può fargli fare mezza corsa. Se un fratello intende di proposito lanciare il suo cavallo per un’intera corsa, deve indossare gli stivali. E’ vietato scagliare la lancia, durante i tornei dei fratelli cavalieri, poiché potrebbe causare danno. Nessun fratello deve ferrare, strigliare i propri cavalli, né compiere altre azioni che lo costringano a rimanere nelle stalle, senza permesso.
  4. Nessun fratello deve imprecare, sia egli calmo o adirato, né dire cose turpi o abiette, né tanto meno farle. Ciascun fratello deve agire nobilmente e parlare correttamente. Nessun fratello deve indossare guanti di pelle, ad eccezione dei fratelli cappellani cui è consentito portarli in segno di rispetto per il Corpo di Cristo, che spesso reggono tra le mani; e anche ai fratelli muratori è consentito indossarli talvolta, a causa della durezza del loro lavoro, in modo che non abbiano a ferirsi le mani; ma non possono indossarli mentre non sono all’opera.
  5. Ciascun fratello deve sforzarsi di vivere onestamente e dare il buon esempio in tutto e per tutto a coloro che vivono nel mondo e ai fratelli degli altri Ordini, dimodoché chiunque lo veda non possa scorgere nulla di male nella sua condotta, nel suo modo di cavalcare o camminare, nel suo modo di bere o mangiare, nel suo sguardo, nelle sue parole e nelle sue opere. E in particolare ciascun fratello deve sforzarsi di mantenere un contegno umile e onesto, mentre ascolta o recita l’ufficio di Nostro Signore, e deve dire le preghiere e genuflettersi secondo le usanze della casa.

Come si entra nell’Ordine

Come si deve ordinare e ammettere un fratello nel Tempio

  1. <<Signori, amati fratelli, vedete che la maggioranza è disposta ad accogliere questo nuovo fratello: se vi è fra di voi qualcuno che sappia di lui qualcosa per cui non possa diventare un fratello, si faccia avanti e lo dica; poiché è meglio che lo dica prima e non dopo che è davanti a noi>>. E se nessuno dice alcunché , il postulante viene convocato e fatto accomodare in una camera posta nei pressi del capitolo; e vengono mandati da lui due o tre anziani della casa, esperti nel porre le giuste domande.
  2. I quali, giunti in sua presenza, gli dicono: <<Fratello, chiedete dunque di entrare a fare parte della compagnia della casa?>> E se risponde di si, devono informarlo delle grandi sofferenze cui va incontro, e illustrargli le caritatevole norme e l’austera vita della casa. E se si dichiara disposto a tutto sopportare per amore di Dio, e afferma di voler diventare per sempre servo e schiavo della casa, fino all’ultimo giorno della sua vita, gli devono chiedere se ha una donna come moglie o promessa sposa; se ha preso i voti o è vincolato da un altro Ordine; se ha contratto, con un laico, un debito che non è in grado di pagare; se gode di buona salute e non cela infermità nascoste; infine se è servo di un altro uomo.
  3. E se egli afferma di essere effettivamente libero da tali vincoli, i fratelli fanno ritorno nella sala del capitolo e si rivolgono al maestro o a chi ne fa le veci: <<Signore, abbiamo parlato con il gentiluomo che attende qui fuori, e gli abbiamo illustrato, per quanto abbiamo potuto e per quanto sono a noi note, le dure condizioni della casa. Ed egli dice di volersi fare servo e schiavo della casa, e di essere libero da ogni vincolo, sicché nulla gli impedisce di diventare nostro fratello, se piace a Dio, a voi e ai fratelli.
  4. E il maestro deve chiedere ancora una volta se c’è qualcuno che abbia qualcosa da obiettare, ed esortarlo a parlare senza indugio. E se nessuno prende la parola deve dire: <<In nome di Dio, volete dunque che lo faccia venire?>> E i gentiluomini gli risponderanno: <<In nome di Dio, fatelo venire>>. Allora quelli che lo hanno interrogato tornano dal postulante e gli chiedono: <<Siete rimasto fermo nella vostra richiesta?>>. E se dice di si gli indicano il modo in cui deve richiedere di far parte della casa. Cioè che dovrà entrare nel capitolo, inginocchiarsi dinanzi a colui che lo presiede, e dire a mani giunte: <<Signore, sono venuto davanti a Dio e davanti a voi ed ai fratelli, per chiedervi e implorarvi, per amore di Dio e di Nostra Signora, di concedermi la vostra compagnia e il benefici della casa, poiché desidero farmi, per sempre, servo e schiavo della casa>>.
  5. E colui che tiene capitolo deve dire: <<Mio buon fratello chiedete una cosa molto grande, poiché del nostro ordine non scorgete che l’apparenza. Vedete nei cavalli e splendenti armature, cibi squisiti e buoni vini, e vesti eleganti, e allora pensate che con noi starete assai bene. Ma ignorate gli aspri comandamenti che si nascondono dietro tutto ciò: poiché sarà penoso per voi, che siete padrone di voi stesso, farvi sevo degli altri. E d’ora in avanti sarà arduo per voi fare ciò che desiderate: poiché se volete restare di qua del mare, sarete inviato di là; e se desiderate stare ad Acri verrete mandato nella terra di Tripoli o d’Antiochia, o in Armenia; e anche nell’Apulia, in Sicilia o in Lombardia, o in Francia, in Borgogna o in Inghilterra o in una delle numerose terre dove abbiamo commende e possedimenti. E se desiderate dormire dovrete vegliare; e se qualche volta vorrete vegliare vi verrà ingiunto di andare a riposare nel vostro letto>>.
  6. E se è un sergente e desidera essere accolto fra i fratelli del convento, gli si potrà ordinare si svolgere una delle mansioni più umili della casa, nel forno o presso il mulino, o in cucina, o nella stalla dei cammelli, o nel porcile, o quant’altro. – E <<non di rado vi saranno dati aspri ordini: mentre siete a tavola a mangiare, uno vi potrà ordinare di andare dove più gli aggrada, e voi non saprete dove. E dovrete sopportare molte parole di rimprovero che sovente vi verranno rivolte. Dunque considerate, mio buono e gentile fratello, se sarete in grado di tollerare condizioni tanto dure>>.
  7. E se egli dice: <<Si, saprò sopportarle tutte, se a Dio piace>>, il maestro o chi ne fa le veci prosegue: <<Mio buon fratello, non volete chiedere la compagnia della casa per ottenere possedimenti o ricchezze, né per avere agi e onori. Bensì dovete chiederla per tre ragioni: l’una, per mettere da parte e lasciarvi dietro le spalle i peccati del mondo; l’altra per compiere l’opera di Nostro Signore; la terza, per essere povero e fare penitenza in questo mondo, ovvero per la salvezza della vostra anima; tale pensiero deve ispirare la vostra richiesta>>.
  8. Quindi deve chiedergli: <<Volete essere, d’ora in avanti e per tutti i giorni della vostra vita, sevo e schiavo della casa?>> E il fratello risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>. <<E sete disposto a rinunciare alla vostra volontà per il resto della vita per fare quanto vi viene ordinato dai vostri superiori?>> E il fratello gli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.
  9. E il maestro dirà: <<Ora uscite e pregate Nostro Signore affinché vi illumini>>. E dopo che è uscito colui che tiene capitolo si rivolgerà a fratelli dicendo: <<Signori, avete veduto con quanto ardore questo uomo onorato desideri entrare nella nostra compagnia: egli afferma di volersi fare, d’ora in avanti e per il resto della vita, servo e schiavo della casa; e vi ho già pregato, se qualcuno fra voi fosse a conoscenza di qualche impedimento, di dirlo senza indugio, perché dopo la sua ordinazione non sarà creduto>>.
  10. E se nessuno prende la parola, il maestro dice: << Volete dunque che lo faccia venire in nome di Dio?>> Al che uno dei dignitari della casa risponde: <<Fatelo entrare in nome di Dio>>. Quindi uno di quelli che lo avevano interrogato va da lui e gli rammenta ancora una volta in che modo dovrà chiedere di essere ammesso nella compagnia della casa.
  11. Ed egli dovrà inginocchiarsi dinanzi al capitolo, e giungere le mani e dire: <<Signore, sono venuto davanti a Dio e davanti a voi e davanti ai fratelli, per chiedervi e implorarvi, per amore di Dio e di Nostra Signora, di concedermi la vostra compagnia e i benefici spirituali e temporali della casa, poiché desidero farmi servo e schiavo della casa per il resto dei miei giorni>>. E colui che tiene capitolo gli domanderà: <<Siete ben sicuro, mio buon fratello, di voler diventare servo e schiavo dell’Ordine e di voler rinunciare alla vostra volontà per sottomettervi a quella altrui? Siete dunque disposto a sopportare le dure condizioni che regnano nella casa e ad eseguire tutti gli ordini che vi saranno impartiti?>> Ed egli deve rispondere: <<Si signore, se a Dio piace>>.
  12. Allora colui che tiene capitolo si alza e dice: <<Signori, alzatevi e pregate Nostro Signore e la Vergine Maria per il suo bene>>. E ognuno dei presenti deve recitare un paternoster, dopodiché il cappellano deve dire la preghiera dello Spirito Santo. Quindi colui che tiene capitolo prende i Vangeli e li apre dinanzi al postulante, ed egli li prende fra le sue mani e si inginocchia. E colui che tiene capitolo gli deve dire: <<Mio buon fratello, i gentiluomini che vi hanno interrogato vi hanno chiesto molte cose, ma qualunque cosa abbiate detto, a loro e a noi, saranno tutte parole vane e oziose, e non potranno arrecare grave danno né a voi né a noi. Ma davanti alle sacre parole di Nostro Signore, dovrete dire la verità su quanto vi verrà chiesto, poiché se mentirete sarete uno spergiuro e potreste perdere la casa, dal che Dio vi salvi>>.
  13. <<Vi chiediamo, in primo luogo, se avete una donna, come moglie o promessa sposa, che possa vantare diritti su di voi secondo le legge della Santa Chiesa; poiché se mentite a tal proposito e domani, o in seguito, ella si presenta davanti a noi ed è in grado di dimostrare che siete suo marito, e vi reclama secondo il diritto della Santa Chiesa, l’abito vi verrà tolto e verrete posto in catene, e andrete a lavorare con gli schiavi. E quando sarete stato a sufficienza coperto d’infamia, verrete restituito alla donna, e sarete espulso per sempre dalla casa>>.
  14. <<La seconda cosa è se siete stato in un altro ordine, prendendone i voti o vincolandovi in qualunque modo ad esso, poiché se lo avete fatto e quell’ordine vi reclama come suo fratello, l’abito vi verrà tolto e sarete restituito a quell’ordine, ma prima sarete coperto d’infamia e avrete perso per sempre la compagnia della casa>>.
  15. La terza è se avete contratto un debito con un uomo laico, che né voi né i vostri amici siate in grado di pagare, senza ricorrere alle risorse della casa; l’abito vi sarà tolto e sarete restituito al vostro creditore, e la casa non avrà alcun obbligo nei vostri confronti, né nei confronti del vostro creditore>>.
  16. <<La quarta è se siete in buona salute e se non avete infermità nascoste; poiché se risulta che ne siete stato affetto quando eravate nel mondo, prima di diventare nostro fratello, potreste perdere la casa, dal che Dio vi salvi>>.
  17. <<La quinta è se avete promesso o dato a un uomo laico, o un fratello del Tempio, o a chiunque altro, oro, argento o quant’altro affinché vi aiutasse a entrare nell’ordine, poiché si tratterebbe di simonia, e non ci sarebbe salvezza per voi nella casa: infatti se la vostra colpevolezza fosse provata perdereste la compagnia della casa.>>

<<E se foste servo di un uomo, ed egli vi reclamasse, sareste restituito a lui ed espulso dalla casa>>. Ma se il postulante è un cavaliere, quest’ultima domanda non gli verrà posta, ma si chiederà se è figlio di un cavaliere e di una dama, se suo padre discende da cavalieri e se è nato da un’unione legittima.

  1. dopodiché, se il postulante è sergente o cavaliere, gli si chiederà se è prete, o diacono, o sotto-diacono, poiché se lo è ma non lo ha detto può perdere la casa. E se è sergente gli si chiederà se è cavaliere. E, sia egli sergente o cavaliere, gli si chiederà se è scomunicato.

Quindi colui che tiene capitolo interpellerà i gentiluomini della casa per vedere se hanno da porre alte domande, e se non le hanno, proseguirà: <<Mio buon fratello, badate di aver risposto in modo veritiero a quanto vi abbiamo chiesto, poiché se ci avete mentito in qualcosa, potrete essere espulso dalla casa, dal che Dio vi salvi>>.

  1. <<Ora, mio buon fratello, ascoltate bene ciò che ci diremo: promettete a Dio e a Nostra Signora che da questo momento e per il resto dei vostri giorni obbedirete al maestro del Tempio e ad ogni vostro superiore?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

<<Promettete a Dio e alla Vergine Maria che d’ora in avanti e per i resto dei vostri giorni vivrete nella castità?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

<<Promettete a Dio e alla Vergine Maria che vivrete in povertà per il resto dei vostri giorni?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

<<Promettere a Dio e alla Vergine Maria che, per il resto dei vostri giorni, osserverete le buone tradizioni e i buoni costumi della casa, sia quelli in vigore, sia quelli che saranno introdotti dal maestro e dai gentiluomini della casa?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

  1. <<Promettete, inoltre, a Dio e alla Vergine Maria di contribuire, per il resto dei vostri giorni, a conquistare, conquistare, con la forza e il potere che Dio vi ha donato, la Terrasanta di Gerusalemme; e di fare quanto è in vostro potere per proteggere e salvare quella che è in mano cristiana?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

<<Promettete, inoltre, a Dio e alla Vergine Maria che non lascerete mai quest’ordine per uno più forte o più debole, né per uno migliore o peggiore, a meno che non lo facciate con il consenso del maestro e del convento, i quali hanno l’autorità per concedervelo?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

<<Promettete, inoltre, a Dio e alla Vergine Maria che non verrete mai a trovarvi in un luogo in cui un cristiano venga privato a torto o senza ragione delle sue cose, per vostro ordine o per vostro consiglio?>> Ed egli risponderà: <<Si signore, se a Dio piace>>.

  1. <<E noi, n nome di Dio e della Vergine Maria, in nome di San Pietro, e del papa, nostro padre, e di tutti i fratelli del Tempio, vi concediamo i benefici della casa, tanto quelli che le sono stati riconosciuti fin dagli inizi, quanto quelli che le verranno accordati in futuro fino alla sua fine, e il concediamo a voi, a vostro padre e a vostra madre, e a tutti gli appartenenti al vostro lignaggio che vorrete beneficiare. E anche voi concedete a noi benefici che già vi appartengono e quelli che guadagnerete in futuro. E così noi vi promettiamo il pane e l’acqua e la povera veste della casa, e molta pena e tribolazione>>.
  2. Quindi colui che tiene capitolo deve prendere il mantello, metterglielo intorno al collo e allacciarglielo. E il fratello cappellano deve intonare il salmo Ecce quam bonum, e recitare la preghiera dello Spirito Santo, e ciascun fratello deve recitare il paternoster. E il maestro farà alzare il nuovo fratello e lo bacerà sulla bocca; e anche il cappellano deve baciarlo, secondo l’usanza della casa.
  3. dopo averlo fatto sedere dinanzi a sé, colui che l’ha ordinato frate deve dirgli: <<Mio buon fratello, il Signore ha esaudito il vostro desiderio e vi ha posto nella bella compagnia della Cavalleria del Tempio; pertanto dovete evitare ad ogni costo di fare qualcosa che ve la faccia perdere, dal che Dio vi guardi. Ora vi diremo alcune delle cose che rammentiamo circa le mancanze che conducono alla perdita della casa e dell’abito>>.
  4. <<Mio buon fratello, avete appena sentito le cose per cui potreste essere espulso dalla casa, o perdere l’abito, ma non tutte: imparatele dunque e tenetele a mente, se a Dio piace, e chiedete ai fratelli di spiegarvele. Orbene, vi sono altre prescrizioni, e che se le violerete vi sarà inflitta una punizione; non dovrete mai battere un cristiano, né colpirlo, in un moto di rabbia o furore, con il pugno o la pianta del piede, né tirarlo per i capelli, né prenderlo a calci. E se lo colpirete con un pietra o un bastone, o un’arma da taglio, con i quali potreste ucciderlo o ferirlo con un colpo solo, il vostro abito sarà alla mercé dei fratelli, e spetterà loro decidere se togliervelo o meno. E non dovrete mai giurare su Dio o sulla Vergine o sui santi. Né dovrete mai avvalervi dei servigi di una donna, a meno che non cadiate ammalato, o siate stato autorizzato a farlo; e non dovrete mai baciare un donna, foss’anche vostra madre, vostra sorella o un’altra consanguinea, né qualunque altra donna. Né dovrete apostrofare un uomo con parole come avaro, fetente o traditore, né con altre parole spregevoli, poiché le parole spregevoli ci sono vietate, ma dobbiamo praticare bontà e cortesia>>.
  5. <<Ora vi diremo come dovrete dormire: d’ora in avanti dormirete in brache e camicia e calze di stoffa, e cinto della cintura piccola; e avrete nel letto tre lenzuoli, uno a sacco con dentro il pagliericcio e altri due; ma al posto di uno di essi, se il guardarobiere è dell’avviso, potete avere una coperta leggera; ma si tratta solo di un favore, non di un diritto. Quanto alla stuoia, potete averla, se qualcuno ve la darà. Dovrete portare solo le vesti che vi verranno assegnate dal guardarobiere, e sarete duramente punito se ne comprerete delle altre>>.
  6. <<Ora vi diremo in che modo dovrete venire a tavola e alle funzioni. Dovrete presentarvi ogniqualvolta udrete il suono della campana; quando la campana suona per i pasti, dovrete venire a tavola e aspettare il cappellano e i chierici per la benedizione. Dovrete assicurarvi che vi siano acqua e vino o un’altra bevanda, recitare la benedizione, e quindi sedervi e tagliare il vostro pane. E se siete seduto accanto a un prete, prima di sedervi e tagliare il pane, reciterete un paternoster sottovoce, dopodiché mangerete il pane e quant’altro Dio abbia voluto donarvi, con calma e in silenzio; e non chiederete niente al di fuori del pane e dell’acqua, poiché nient’altro vi è stato promesso; ma se i fratelli mangiano dell’altro, potrete chiedere la vostra parte, con discrezione. Se la carne o il pesce vi sono stati serviti crudi, di sapore cattivo o avariati, potete chiedere che vi siano sostituiti, ma è preferibile che uno dei compagni che mangiano con voi a chiederlo in vostra vece; se ce n’è in abbondanza, vi sarà data un’altra porzione della stessa pietanza, ma se non ce n’è più vi sarà dato qualcos’altro, magari una delle pietanze della servitù, e rimarrete calmo e l’accetterete di buon grado>>.
  7. <<Dopo mangiato, vi recherete in chiesa al seguito dei preti, e renderete grazie in silenzio a Nostro Signore, e parlerete solo dopo aver recitato un paternoster e dopo che il cappellano avrà reso grazie. E se non vi è un cappellano, in quel luogo o nelle vicinanze, reciterete ugualmente le preghiere, dopodiché vi metterete al lavoro. E quando la campana suonerà l’ora nona, verrete qui in chiesa: se c’è un prete ascolterete l’ufficio divino, se non c’è reciterete quattordici paternoster, sette per Nostra Signora e sette per il giorno. – E dovete assistere anche ai vespri, ma se non c’è cappellano né chiesa, dovete recitare diciotto paternoster, nove per Nostra Signora e nove per il giorno. Dopodiché potete andare a cena; e quando la campana suona compieta, potrete prendere la colazione e bere acqua o vino, a discrezione del maestro; e se vi viene impartito un ordine dovrete eseguirlo. Quindi se c’è un cappellano assisterete a compieta, e se non c’è direte quattordici paternoster, sette per il giorno e sette per Nostra Signora. – dopodiché potrete coricarvi. E se vorrete dare un ordine alla servitù, potrete farlo, ma sottovoce. E dopo esservi coricato direte un paternoster>>.
  8. <<E quando la campana suona mattutino, vi alzerete e assisterete all’ufficio divino, e se non c’è un cappellano direte ventisei paternoster, tredici per Nostra Signora e tredici per il giorno. Quindi reciterete trenta paternoster per i morti e trenta per i vivi, prima di bere o mangiare, ma potrete bere dell’acqua. E non dovete mancare di farlo, a meno che non siate malato, poiché noi preghiamo per i nostri confratelli e le nostre consorelle, per i nostri benefattori e le nostre benefattrici, affinché Nostro Signore conceda loro un buona morte e la grazia del Suo perdono. E dopo aver assistito al mattutino, se c’è un prete (o aver pregato, se non c’è), potrete tornare a coricarvi>>.
  9. <<Quando udrete la campana suonare prima, terza e sesta, dovrete assistere all’ufficio divino e se non c’è un cappellano dovrete recitare quattordici paternoster, sette per Nostra Signora e sette per il giorno; altrettanti ne direte per l’ora terza; e altrettanti per l’ora sesta, e li reciterete uno dopo l’altro, prima di mangiare>>.
  10. <<E reciterete tutte le preghiere che vi ho detto; ma dovete dire prima le preghiere di Nostra Signora e poi quelle del giorno, poiché il nostro Ordine fu fondato in onore di Nostra Signora; e reciterete le preghiere di Nostra Signora stando in piedi e quelle del giorno da seduti. E se muore un fratello della casa del Tempio in cui dormite, o di cui mangiate il pane, direte conto paternoster per la sua anima, entro i sette giorni successivi, se vi è possibile, li reciterete. E se Dio chiama a se il maestro, direte duecento paternoster, ovunque voi siate, entro i sette giorni. E non dovrete mancare di recitare i paternoster per i defunti, a meno che non siate malato, come vi ho già detto>>.
  11. <<Ora vi abbiamo detto le cose che dovete fare e quelle da cui vi dovete guardare, e quelle che comportano l’espulsione dalla casa, e quelle che comportano la perdita dell’abito, e le altre punizioni; ma non vi abbiamo detto tutto ciò che avremmo dovuto, poiché dovrete essere voi a chiederlo. – Che Dio vi faccia sempre parlare ed agire per il bene>>. Amen

 

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